Studio Legale Vicinitas – Resta Informato
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Porto D’Armi: Divieto di Detenzione Armi e Munizioni
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Il possesso di armi nel nostro paese è sempre stato un tema foriero di contrasti ed opinioni divergenti. C’è chi vorrebbe liberalizzarne la detenzione e chi, al contrario, ritiene giusto ancorare la stessa a rigidi presupposti e condizioni.
L’ordinamento abbraccia tendenzialmente questa seconda via. Il Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, per quanto sia un corpo normativo assai risalente (R.D. n. 773 del 1931), è stato gradualmente adeguato nel senso di restringere al minimo le velleità, da parte del privato, di detenere un’arma.
La detenzione di un’arma non è un diritto, ma bensì una deroga. La regola è infatti quella del divieto di detenzione armi da parte dei privati, cui l’ordinamento riconosce particolari deroghe al ricorrere di rigidi presupposti.
In sostanza, con la concessione di un porto d’armi lo Stato non rimuove un limite all’esercizio di un diritto, ma bensì valuta come sussistenti i presupposti per il rilascio della particolare licenza prevista dall’art. 42 del T.U.L.P.S. Detta valutazione viene effettuata in via discrezionale all’Autorità pubblica secondo canoni molto rigidi.
Ugualmente, anche nel valutare l’assenza in capo al privato dei presupposti e delle condizioni per poter detenere armi, comminando il relativo divieto, l’Amministrazione opera un giudizio caratterizzato da un’ampia discrezionalità. Infatti, la norma preposta a “guidare” la suddetta valutazione (art. 39 T.U.L.P.S.) consente l’emanazione del suddetto divieto di detenzione armi nei confronti delle “persone ritenute capaci di abusare”. Tale formula è talmente ampia da abbracciare una casistica di situazioni estremamente variegata.
Alla capacità di “abuso” di colui che detiene armi, corrisponde un giudizio di non affidabilità effettuato dall’Amministrazione in base ad una serie di elementi indiziari individuati nella vita e nella condotta del soggetto interessato.
Anche una querela a proprio carico, seppur non suffragata da una condanna o dall’accertamento di alcuna responsabilità penale, potrebbe rappresentare, secondo la valutazione degli enti preposti, un fatto idoneo a fondare un giudizio di non affidabilità di colui che detiene un arma (da ultimo, TAR Lazio, Roma, Sez. I, 04/07/2023, n. 11213).
Tale regola di valutazione comporta che, nella prassi, l’Amministrazione non si ponga poi così tanti problemi nell’emanare divieti. Individuata un’ombra nella vita di un soggetto, essa viene assunta quale pretesto motivazionale su cui fondare il provvedimento. Potremmo avanzare l’ipotesi che, talvolta, gli enti preposti pecchino di superficialità nell’attribuire rilevanza anche a fatti che, oggettivamente, non possono dirsi attinenti con un divieto a detenere armi, non potendo rappresentare indici di inaffidabilità del soggetto.
Talvolta i fatti assunti dall’Amministrazione come rilevanti non hanno alcuna attinenza con la presunta inaffidabilità del soggetto circa la detenzione di un’arma. Proprio in punto di motivazione si incentrano la maggior parte dei ricorsi vincenti avverso i provvedimenti di divieto di detenzione armi e munizioni.
Nel caso qui in analisi (TAR Lazio, Roma, Sez. I-ter, 24/07/2023, n. 12512), il Tribunale sottolinea l’importanza che riveste il comparto motivazionale del provvedimento, da cui l’esercizio di un potere fortemente discrezionale non può prescindere. Nel corso di una ispezione domiciliare un soggetto veniva trovato in possesso di due pistole: la prima appartenuta al padre ex carabiniere e deceduto, non denunciata, la seconda regolarmente
denunciata, ma con un numero di proiettili superiore a quelli previsti (con un’eccedenza di tre proiettili).
La mancata denuncia della prima arma ed il numero di proiettili della seconda sono stati elementi ritenuti sufficienti dal Prefetto per dimostrare la scarsa affidabilità del ricorrente, perciò fondando il relativo divieto.
Il ricorrente impugnava il suddetto provvedimento, ravvisandone il difetto di motivazione e dei presupposti, nonché l’erronea applicazione degli specifici articoli del T.U.L.P.S.
Evidenzia il TAR che “non va mai dimenticato che la discrezionalità deve essere esercitata in coerenza con la situazione di fatto, oggettivamente esistente e mediante la formulazione di una congrua motivazione circa le ragioni, concrete ed attuali, dalle quali possa desumersi il rischio di un abuso delle armi”.
In tal senso, il Tribunale richiama l’orientamento secondo cui “in tema di divieto di detenzione e porto d’armi o di revoca dei titoli autorizzativi, il potere discrezionale della pubblica amministrazione va esercitato nel rispetto dei canoni tipici della discrezionalità amministrativa, sia sotto il profilo motivazionale, sia sotto quello della coerenza logica e ragionevolezza, dandosi conto in motivazione dell’adeguata istruttoria espletata, al fine di evidenziare circostanze di fatto in ragione delle quali il soggetto sia ritenuto pericoloso o comunque capace di abusi (TAR Lazio, Roma, Sez. I ter, 25/02/2021, n. 2330).
Oltre alla valutazione dei fatti, dovrà essere poi espletata una ulteriore valutazione sulla personalità del soggetto,“che possa giustificare un giudizio prognostico sulla sua sopravvenuta inaffidabilità, come in caso di personalità violente, aggressive o prive della normale capacità di autocontrollo”.
La Questura di Roma aveva fondato il provvedimento sulla generica motivazione che i fatti di cui si era reso responsabile il ricorrente denotavano “un comportamento superficiale di per sé indicativo di scarsa affidabilità nella custodia delle stesse, come tale sufficiente a legittimare l’imposizione del divieto ex art. 39 del T.U.L.P.S.”.
Detta motivazione, tuttavia, non evidenziava le specifiche ragioni che avrebbero fatto ritenere il soggetto richiedente pericoloso o comunque capace di abusi, secondo gli indici di valutazione sopra richiamati.
L’Amministrazione traeva il giudizio di “non affidabilità” del ricorrente da due fatti: la detenzione, per mera affezione, di una vecchia pistola ereditata dal padre carabiniere e conservata senza munizioni, e il possesso di soli tre proiettili appartenuti ad una pistola regolarmente acquistata e denunciata, eccedenti il numero legittimamente detenuto.
Il TAR concludeva ritenendo tali fatti non sufficienti né indicativi nel senso di legittimare un ragionevole giudizio di inaffidabilità del ricorrente. Per tale ragione accoglieva il ricorso del privato, annullando il divieto impugnato.
I vizi della motivazione sono in taluni casi sufficienti – ove opportunamente evidenziati agli occhi del giudice – a sorreggere un ricorso vincente. Se ti è stato notificato un provvedimento negativo in materia di T.U.L.P.S., contattami. Valuteremo insieme la situazione e le condizioni per intervenire con efficacia.
Ultimo Aggiornamento: 10 ottobre 2023
Autore: Avv. Federico Canonici
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